Essere una psicologa neuro-affermativa

Cosa significa per me essere neuro-affermativa

Sin da piccola sono stata affascinata dal concetto di biodiversità – l’idea che esista una sinfonia naturale, in cui ogni essere vivente è uno strumento unico, che suona la propria melodia e contribuisce all’armonia dell’ecosistema. Il riconoscere che ogni specie ha un ruolo essenziale in questo grande concerto, che senza il suo passaggio su questa Terra, dei delicati equilibri sarebbero potuti saltare, con conseguenze molto più grandi di quel piccolo essere.

Non a caso, nei concerti di musica classica, uno dei miei momenti preferiti è sempre stato quello in cui i musicisti accordano i propri strumenti; giunge inizialmente alle orecchie come un insieme disordinato di suoni, eppure, rapidamente si trasforma in un movimento vitale e creativo, in cui ogni nota trova il suo spazio di appartenenza.

 

Così, quando ho incontrato il concetto di neurodiversità per la prima volta, l’ho sentito subito estremamente affine al mio modo di concepire il mondo e le persone. Questa parola, coniata dalla sociologa australiana Judy Singer negli anni ‘90, si riferisce alla vasta ricchezza di funzionamenti neurologici che possiamo incontrare negli esseri umani, ai diversi modi in cui tale diversità di sistemi nervosi percepisce la realtà, elabora le informazioni e interagisce con il mondo. Neurodiversità è un termine neutro, che descrive le differenze neurologiche come varianti naturali del funzionamento umano e non come “patologie da curare”. In altre parole, non esistono solo cervelli “normali” e cervelli “anormali”, ma una gamma di modi in cui il cervello può svilupparsi e funzionare. All’interno di questa variabilità, sono stati individuati alcuni funzionamenti detti “neurotipici”, ovvero più comuni di altri, detti invece “neurodivergenti”.

 

La parola “divergere” in questo caso significa discostarsi. A tal punto sorge spontanea la domanda: divergere da cosa? Ecco, la persona neurodivergente si discosta da una “norma statistica” che descrive semplicemente quante persone abitano sotto il classico “cappello” della curva gaussiana (anche detta curva normale o curva a campana).

La distribuzione normale è un concetto statistico che descrive come tratti come l’altezza, l’intelligenza e molte altre caratteristiche siano distribuiti in una popolazione. Il centro della curva a campana rappresenta l’intervallo medio o più comune, mentre le estremità indicano variazioni meno comuni. Quando applicata alla neurodiversità, la curva a campana suggerisce che la maggior parte delle persone rientra in un intervallo medio di funzionamento neurologico, con gli individui neurodivergenti alle estremità.

 

Una persona che è alta 2.5m, quindi che si trova all’estremità di una curva normale di distribuzione delle altezze, avrà sicuramente maggiore difficoltà nel trovare degli abiti della sua taglia o a trovare una scrivania alla quale potersi comodamente sedere senza doversi piegare. Difficilmente penseremmo di dire che questa persona è sbagliata rispetto al mondo in cui si trova, o che dovrebbe sforzarsi ad essere meno alta – piuttosto potremmo pensare che il mondo in cui si trova non offre sufficienti opzioni per le sue caratteristiche.

 

Lo stesso vale per le persone neurodivergenti (tra cui persone autistiche, ADHD, dislessiche, discalculiche, disprassiche, con la sindrome di Tourette – ma potremmo espandere ulteriormente questo ombrello ad abbracciare anche persone con altri funzionamenti neurologici diversi da quello neurotipico). Il parallelismo con una persona alta 2.5m non è del tutto accurato in quanto stiamo scoprendo che vi sono molte più persone neurodivergenti di quel che si pensava anche solo 5 anni fa (mentre le persone che sono alte più di 2.5m rappresentano solo lo 0.001% della popolazione mondiale). Eppure, le persone neurodivergenti, proprio come chi è più alto della “norma”, si trovano ad affrontare un mondo che spesso non riconosce e non va incontro ai loro bisogni. Ciò che è più doloroso è però il fatto che queste persone abbiano sentito di doversi sforzare ad essere “più neurotipiche”, come se il proprio funzionamento fosse qualcosa di cui avevano colpa e che con lo sforzo e l’impegno avrebbero potuto (e dovuto) cambiare. 

 

Ovviamente ciascuno di noi vede ed esperisce il mondo attraverso la cornice che ha sviluppato negli anni – una cornice fatta di tratti con cui si nasce, ma anche di credenze passate dal contesto sociale e culturale in cui si cresce. Dunque, cosa accade quando la cornice che ci viene proposta da fuori non è quella che corrisponde alla nostra esperienza interna? Si finisce per cercare di incastrare tutto all’interno di quella cornice (con l’aiuto di una buona dose di autocritica), spesso prendendo strade che allontanano dalla propria verità e che rendono sempre più difficile fidarsi di sé e della propria saggezza interna (a livello corporeo, mentale ed emotivo). In una parola: ci si sforza di essere diversi di come si è, consolidando l’idea che il proprio Sé reale è sbagliato e deve essere nascosto per poter appartenere (un concetto chiamato “camouflaging” nell’ambito delle neurodivergenze).

 

In quanto psicologa neurodivergente, mi sono a lungo interrogata (e continuo a farlo tutt’oggi) su cosa signifcasse per me essere neuro-affermativa. E la domanda guida alla quale torno sempre è questa: perché lo stai facendo? Perché sono qui ad ascoltare le persone che si affidano a me per capirsi meglio, imparare a rispettarsi nei propri bisogni e scegliere delle strade che siano autentiche e di valore per loro?

 

Ciò che emerge mi aiuta a descrivere ciò che significa per me essere una psicologa (e ancor prima una persona!) neurodivergente e neuro-affermativa:

  • Essere curiosa del funzionamento della persona che ho davanti: uno dei valori più importanti per me, una delle mie “stelle polari” è sempre stata la curiosità. Verso tutto ciò che mi circonda, incluse le persone con cui interagisco. Perciò, anche nella stanza di terapia, essere curiosa è ciò che mi aiuta più di tutto a rispettare e valorizzare la cornice della persona con cui condivido il percorso terapeutico. In quanto professionista (che coniuga uno studio teorico ad un’esperienza vissuta) posso guidare chi ho davanti nel porsi alcune domande e nell’acquisire un nuovo linguaggio per descriversi, ma la scelta di quale sia la cornice che si sente più giusta per sé spetta alla persona stessa.

  • Chiedere prima di assumere: non applicare la nostra cornice alle persone che abbiamo davanti richiede un costante lavoro di auto-riflessione. Ancor di più, non ritenere che la nostra cornice sia migliore o “più corretta” di altre richiede un costante lavoro di presa di prospettiva e di umiltà. Anche se potrei sentirmi molto vicina all’esperienza della persona che ho di fronte, ad esempio perché il nostro funzionamento neurologico è simile, è importante per me sempre chiedere prima di assumere. Chiedere cosa significa per quella persona una certa esperienza o una certa parola, così da poter costruire un lessico condiviso all’interno della nostra relazione. Chiedere quali sono le sue preferenze nel modo di comunicare, nel modo di affrontare una pratica che propongo e rispetto alla direzione che vogliamo dare al nostro percorso condiviso.

  • Portare attenzione alla sensorialità: spesso le persone neurodivergenti (in particolare le persone autistiche) vivono il mondo attraverso una sensorialità caratterizzata da picchi e valli – alcuni sensi possono essere particolarmente sensibili, altri molto poco. Focalizzarsi sulla dimensione sensoriale, anche in terapia, è indispensabile per poter creare uno spazio comodo, in cui il sistema nervoso possa sperimentare un senso di radicamento e agentività. Cerco di capire insieme alla persona il suo profilo sensoriale così da poterlo adottare come criterio di scelta rispettosa di sé anche nelle proprie decisioni quotidiane.

  • Parlare di sistema nervoso: non parlo quasi mai di corpo e di mente, ma piuttosto di un unico sistema nervoso che risponde a stimoli interni ed esterni. Non esistono reazioni “esagerate” quando prendiamo la prospettiva del sistema nervoso e cerchiamo di capire cosa ha percepito come minaccioso o piacevole. Esploriamo insieme come poter dialogare con il proprio sistema nervoso, anche quando sembra avere esigenze opposte (ad esempio nelle persone AuDHD dove la parte autistica convive con la parte ADHD), e acquisiamo gli strumenti che funzionano per noi per poterlo regolare.

     

  • Essere creativi: utilizzo il plurale perché includo la mia creatività e quella della persona con cui lavoro. Si tratta di una creatività non necessariamente artistica ma che porta ad adattare qualsiasi momento di interazione in base alle preferenze e ai punti di forza di chi ho davanti. Mi piace valorizzare la saggezza intuitiva delle persone e poter restituire loro un’immagine in cui il rispetto delle proprie caratteristiche e delle proprie preferenze può davvero condurrle ad un maggiore benessere. Concretamente cosa significa? Che ogni percorso è estremamente diverso – che non condurrò mai un colloquio uguale ad un altro e che la parte saggia della persona sa sempre indicarci la strada.

     

  • Valorizzare ogni parte: una vera auto-affermazione di Sé non può che passare per il dialogo con tutte le parti della propria complessità. Quando queste parti sono state a lungo oggetto di vergogna, qualcosa da nascondere perché ritenute inaccettabili, questo lavoro è delicato e a tratti doloroso. Essere neuroaffermativa significa non solo riconoscere e validare ogni funzionamento neurologico, ma anche accogliere ogni parte emotiva che accompagna l’esperienza dell’essere neurodivergente. Questo vale sia nel percorso che porta a scoprirsi neurodivergente che nel percorso di esplorazione della propria neurodivergenza.

     

  • Parlare di intersezionalità: non possiamo parlare di neurodivergenza senza parlare di intersezionailtà. Questo significa tenere in considerazione tutti gli aspetti identitari (ad esempio l’identità di genere) e gli aspetti di co-occorrenze (sono molto frequenti tra persone neurodivergenti le co-occorrenze mediche tra cui disturbi d’ansia, depressione, ma anche Ehlers Danlos e Disturbo dello Spettro Ipermobile, malattie croniche come la fibromialgia, POTS, MCAS e malattie autoimmuni).

     

  • Riconoscere le limitazioni sistemiche: è importante tenere a mente una duplice realtà: è possibile trovare un modo di vivere che sia il più possibile rispettoso del proprio neurotipo e che valorizzi i propri punti di forza; E viviamo in un mondo che rende la vita di chi è neurodivergente più faticosa. Ricordarsi che attenuare l’effetto di queste limitazioni sistemiche non è solo responsabilità della persona neurodivergente è un dato di realtà che va evidenziato nella stanza di terapia e al di fuori di essa.

Esaurire un concetto così vasto e profondo è impossibile in un singolo scritto, ma come spesso ricordo ai miei pazienti, procediamo “un mattoncino alla volta” – questo è il mio tentativo di fare quello 0,01% che ci possa avvicinare ad un mondo sempre più accogliente di ogni neurotipo, non solo nel contesto terapeutico. 

I miei spazi terapeutici neuro-affermativi:

Percorso diagnostico: il percorso di diagnosi per autismo e/o ADHD si basa su una prospettiva neuro-affermativa e basata sul paradigma della neurodiversità.
È un percorso di approfondimento della tua storia di vita, delle tue caratteristiche e delle tue attuali difficoltà, per capire insieme se possono rientrare nella cornice dell’autismo e/o ADHD.

 

Percorso di supporto e di esplorazione della neurodivergenza: se hai già ricevuto una diagnosi o ti riconosci come persona neurodivergente possiamo lavorare insieme per esplorare i significati della tua esperienza. Ad esempio possiamo sviluppare strategie per gestire il tuo bilancio energetico e limitare i crolli di energia, affrontare un periodo di burnout, acquisire consapevolezza del tuo profilo sensoriale, capire come vivere l’intensità emotiva, regolare l’ansia, sviluppare compassione per tutte le tue parti affinché tu possa esprimerti nel modo più autentico possibile.

Se vorresti saperne di più, compila il form, ti ricontatterò al più presto.

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